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L'ARGENT
(L'ARGENT)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 settembre 1983
 
di Robert Bresson, con Christian Patey, Caroline Langa (Francia, 1983)
 
"Bresson ha quasi ottant'anni e questo suo film che egli gira dopo sei anni di silenzio (1976: LE DIABLE PROBABLEMENT) è perfetto. Pochissimi, tra coloro che frequentano le sale di cinema, negheranno che il regista francese sia tra i più grandi creatori di forme, ma anche di emozioni, cinematografiche. Il che equivale a dire che L'argent, al pari di Pickpocket o di Balthazar è un capolavoro. Perché allora i fischi e le ovazioni di Cannes? Perché, ancora una volta, le discussioni sull'arte pura, ascetica, di Bresson; o sul suo compiacimento linguistico? Al di là di una impreparazione, o più semplicemente, di una maleducazione critica, rimane il fatto di questo cineasta capace ancora come pochi (Godard, Antonioni, Fassbinder...) di esaltare e d'indignare. Non è questa l'occasione, in poche righe, per riaprire un discorso sull'autore di Un condamné a mort s'est echappé. Cos'abbia fatto Bresson all'interno del linguaggio cinematografico sta in ogni enciclopedia di cinema.

Una volta notato come L'argent sia un "grande" Bresson il discorso potrebbe limitarsi al valore di questa perfezione: ulteriore progressione sulla strada dell'Arte, o ripetizione, al limite di maniera, di una "perfezione" ormai provata e consumata neI corso di una lunga carriera?

L'argent, vagamente ispirato da una novella di Tolstoi, si riassume in un banale, e melodrammatico, fatto di cronaca: un operaio, esemplare padre di famiglia, addetto alla distribuzione dell'olio combustibile, rimane vittima di una meschina macchinazione da parte di un giovane benestante. Imprigionato, gli annunciano la morte della figlia e la fuga della moglie. A un tentativo di suicidio segue una progressiva discesa negli abissi della delinquenza. Fino ai delitti più efferati e, apparentemente, incomprensibili. Ma il fatto di cronaca conta poco: Bresson, lo sappiamo, non racconta, non fa recitare gli attori.

L'aneddoto, esplicativo, la drammatizzazione sono assenti da quella che non è lo sviluppo di una vicenda, ma una serie di momenti privilegiati. Nei quali tutto tende all'essenziale, al significante. Basta la prima immagine di L'argent a farci comprendere cosa voglia Bresson: un distributore luminoso di biglietti di banca, sul quale si rinchiude lo sportello automatico. E l'inquadratura della macchina ha presa che coincide esattamente con la dimensione, fredda e neutra, del metallo. Un film sul Denaro, sul suo ruolo nella società. E il ruolo di una cinepresa, un'esigenza d'astrazione totale, che tende all'assoluto.

Ne L'argent c'è la perfezione formale di una costruzione impeccabile, mostruosa di lucidità, di logica, di conseguenza. Ma senza la sua volontà, commovente, di denuncia il film non sarebbe che una brillante quanto stucchevole esercitazione di stile.

La tremenda disciplina di Bresson non nasce da un arido desiderio intellettualistico di ascesi, di epurazione linguistica. Ma di comunicazione.

Questo vecchio rivoluzionario di forme che sente ancora il desiderio di parlarci della nostra società, delle nostre sofferenze all'interno di quella società, non merita soltanto la nostra ammirazione. Ma la nostra emozione."


   Il film in Internet (Google)

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